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In Spagna in un divorzio l’animale a chi va?

Il divorzio diventa spesso in una coppia un momento di grande controversia, se non proprio di ripicche e, se tradizionalmente oggetto di controversia sono i figli, spesso in questa disputa ci finiscono anche nostri pet, i nostri compagni di tante giornate, i cani, i gatti o altri animali che entrano a far parte della nostra famiglia.

Una legge spagnola si sofferma su questo problema e cerca di chiarire questo tipo di controversie e concede agli ex compagni di vita una custodia alternativa per i loro animali domestici, ora considerati “esseri viventi dotati di sensibilità”, non più semplicemente degli oggetti.

In caso di divorzio non amichevole, il giudice dovrà considerare “il futuro dell’animale domestico, tenendo conto degli interessi dei membri della famiglia e il benessere dell’animale, la distribuzione dei tempi di custodia e le cure necessarie”, dice la legge spagnola, sostenuta dalla coalizione di governo dei socialisti e Podemos (sinistra radicale), entrata in vigore mercoledì 5 gennaio 2022.

Un gatto, un cane, una tartaruga, un pesce o un uccello domestico potranno così avere una custodia alternativa.

Prima di questa legge, la custodia degli animali domestici in caso di divorzio “era oggetto di controversie nei tribunali”, quindi questa è stata la ragione che ha convinto i legislatori ad intervenire con questa modifica del codice civile spagnolo.

Diversi paesi europei hanno già modificato i loro codici civili per riconoscere la natura viva e senziente degli animali, come è successo in Francia nel 2015, così come in Germania, Svizzera, Austria e Portogallo e da gennaio in Spagna, a partire da gennaio 2022 gli animali da compagnia diventeranno giuridicamente degli “esseri viventi dotati di sensibilità”cambiando la natura giuridica di cani e gatti da semplici oggetti, come erano considerati prima.

Secondo la mia opinione è giusto che sia così e penso che anche altri paesi dovrebbero aprirsi a una tale considerazione degli animali. Certo nel nostro paese questo forse è impensabile; in un paese dove ancora non esistono delle leggi vere a tutela della donna e dei minori, figuratevi se si può pensare ai diritti degli animali o forse, al contrario, ci sarà prima una legge a tutela degli animali e molto più tardi a tutela delle donne e dei minori.

Comunque, non divaghiamo e torniamo a noi. Dicevo che ritengo questa legge molto giusta poichè gli animali hanno una sensibilità ormai scientificamente riconosciuta ed è giusto che essi possano stare con chi, tra i due coniugi, più lo ama e ha attenzioni che lui.

L’unico rischio è che anche gli animali potrebbero finire in quel tunnel di sofferenza che spesso interessa i minori in caso di divorzio, cioè quando il bambino è trattato male dal genitore che lo ha in custodia solo per fare dispetto al coniuge. Per evitare questo è necessario, così come avviene per i minori, che ci ia controllo e, quindi, il giudice dovrebbe incaricare un addetto alla protezione animale affinchè verifichi che l’animale sia trattato come gli spetta e che stia davvero bene con l’uno o con l’altro membro della coppi e, nel caso ciò non sia così, che la legge possa intervenire a suo favore e a favore di chilo tratta con maggior rispetto e amore.

Cosa ne pensate di questa legge? Mi piacerebbe sentire anche le vostre opinioni.

A chi vanno il cane e il gatto in caso di divorzio? - amoreaquattrozampe.it

L’umanità a rischio di disumanizzazione?

Sul dizionario “Sabatini Colletti”, si definisce “umanità” il “Complesso di doti e sentimenti solitamente positivi che si ritengono propri dell’uomo e lo distinguono dalle bestie“. La “Treccani” (il mio prof. di filosofia consigliava sempre di consultarla perchè più esauriente di ogni altro dizionario) scrive: “Sentimento di solidarietà umana, di comprensione e di indulgenza verso gli altri uomini” e ancora “atto di umanità, atto di cortese comprensione verso un altro”.

L’uomo, quindi, in contrapposizione alle bestie, dovrebbe essere caratterizzato da solidarietà, comprensione verso il  proprio simile.

Definizione della “Treccani” di “bestia”: “Nome generico di ogni animale, escluso però l’uomo, anzi spesso in contrapp. all’uomo: lo pensiero è propio atto de la ragione, perché le b. non pensano (Dante)….”

Bestia, quindi, animale, ma non  l’uomo che poi è un animale fra gli animali e della peggior specie visto le notizie degli ultimi giorni.

A dir la verità, definire l’uomo una bestia mi sembra di offendere le bestie che non avranno forse la capacità di pensare (a detta degli scienziati che non sono riusciti fin ora a dimostrarlo), ma certo hanno quel senso di solidarietà e di aiuto reciproco che nell’uomo recentemente manca.

Per l’etologia l’aggressività è un istinto naturale nell’uomo e negli animali ed è legato alla sopravvivenza  e alla conservazione della specie. L’animale è aggressivo con il proprio simile (cioè appartenente alla stessa specie) se si sente minacciato, per difendere il proprio territorio o per difendere la femmina e i cuccioli; ma è molto più aggressivo verso le altre specie soprattutto per procurarsi il cibo, in questo caso è sopravvivenza vera e propria.

Inoltre, gli etologi affermano che un animale diventa più aggressivo a causa delle sue condizioni di vita, ad esempio se subisce maltrattamenti o è addestrato per i combattimenti.

Il neonato nasce con l’istinto dell’aggressività, ma la civiltà, l’educazione e l’umanizzazione lo portano pian piano a controllare i suoi istinti.

E allora perchè l’uomo sta diventando sempre più aggressivo? Vive male? Subisce maltrattamenti o viene addestrato ad essere tale? Che cosa si è perso durante il percorso di evoluzione dell’uomo? Cosa è venuto a mancare? E la cosa più grave è che rivolge questa sua aggressività verso i suoi simili, i suoi figli che dovrebbe proteggere, verso la sua compagna, che dovrebbe difendere, verso l’ambiente, da cui dipende la sua sopravvivenza, e verso l’arte che è la sua storia. Questa aggressività non è il solito istinto perchè sta portando l’umanità all’autodistruzione. E’ come se l’umanità ormai fosse alla follia pura!

Di una cosa si ha certezza: d’ora in poi, appioppare epiteti evocativi di animali alle persone diventa pericoloso anche davanti alla legge.

Lo ha deciso la Cassazione che sottolinea come gli epiteti che fanno riferimento agli animali «hanno una obiettiva valenza denigratoria in quanto, assimilando un essere umano ad un animale, ne negano qualsiasi dignità in un processo di reificazione e di assimilazione ad una “res” comunemante ritenuta disgustosa o comunque di disumanizzazione”.

In questo modo la V sezione penale (sentenza 44966) ha convalidato una condanna per ingiuria nei confronti di un 50enne di Castrovillari, Giuseppe V., colpevole di essersi rivolto a Leonardo B. dandogli del “babbuino”, “barbagianni”» per difendere il so territorio.

L’uomo, immediatamente querelato, era stato assolto dal giudice di pace di Castrovillari «per la particolare tenuita’ del fatto». La condanna per ingiuria era arrivata in secondo grado dal Tribunale di Castrovillari nell’aprile 2011.

Giuseppe V. ha fatto ricorso in Cassazione, ma è stato respinto e si è ribadito che gli epiteti evocativi di animali hanno «una obiettiva valenza denigratoria». (Da “La Stampa”)

Anna Leone

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